Cos’è una casa? Per la maggior parte di noi è un ambiente più o meno grande, con delle stanze, una cucina, uno o più bagni, uno spazio esterno e una porta d’ingresso a separarci dal resto del mondo e a salvaguardare la nostra intimità da sguardi estranei. Ci sono persone, però, la cui casa non ha pareti nette a garantire spazi di intimità, ma stanze asettiche e anonime spesso condivise con estranei, non ha salotti medio-borghesi, ma spazi comuni più o meno ampi dove stanno insieme persone tra loro estranee fino a quel momento e tempi rigidi scanditi dall’esterno: sono le case di riposo, che sono case nel senso metaforico di posto dove si passa la maggior parte della propria giornata, ma non nel senso affettivo del termine (nursing homes all’anglosassone anche se sarebbe forse più onesto chiamarle nursing houses) e dove il riposo è spesso imposto da ritmi esterni, più che dalle necessità di ognuno.
Olive Kitteridge (dall’omonimo romanzo di Elisabeth Strout) ha vissuto prima nella casa non lontano dal mare costruita insieme all’amato-odiato Henry, poi nell’ampia casa del ricco Jack, ma è nella comunità alloggio L’acero (negli USA i nomi delle case di riposo richiamano spesso gli alberi, mentre da noi si preferisce una più ipocrita toponomastica che richiama sorrisi e serenità più nel nome che nei fatti) che dovrà controvoglia andare ad abitare (farne la sua nuova casa) dopo un attacco di cuore e una brutta caduta sempre in casa (tipica sindrome geriatrica: la casa per il vecchio da ambiente famigliare e accogliente si rivela pena di pericoli). La consapevolezza di dover cambiare casa e di non poter più vivere da sola arriva quando Olive è seduta nella casa di Jack, che non sente più come sua…
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Babette Dijk
Ha iniziato a fare la geriatra per caso prima di farla per passione. Si occupa di persone che hanno perso la memoria e cerca con fatica di aiutarli con i pochi mezzi che la scienza e la medicina le danno. Legge molto ma, di solito, non scrive.
Michela Marzano presenta Idda: